Il buon Raymond Carver un giorno scrisse un racconto solo perché gli frullava nella testa una frase (Stava passando l'aspirapolvere quando squillò il telefono) e non sapeva bene che farsene. A volte è dalle frasi, i gesti, gli odori o le situazioni in apparenza più banali che nascono le storie.
Questa la mia, composta in quindici minuti nel primo incontro di Officina Letteraria.
Sara è dal parrucchiere. Ha rimandato il taglio delle doppie punte per settimane, e si è decisa solo quando da doppie sono diventate triple. Agnese nel frattempo è già nata. Una patatona di tre chili e otto che è costata alla sua mamma venti ore di travaglio e una trasfusione. Sara guarda l'orologio: è lì da quindici minuti, i capelli bagnati e una ragazza bionda che glieli taglia. Siciliana anche lei: si è trasferita da pochi mesi, perciò l'accento si sente di più. "Che lavoro fai?" "Da due giorni faccio la zia e nel tempo libero cerco lavoro". "Hobby interessante. Anche io lo pratico, di tanto in tanto". Sara non risponde. La conversazione allunga i tempi del taglio e lei tempo non ne ha. Alle sei inizia l'orario i visita e deve ancora passare da casa di sua sorella a prendere i vestiti puliti. Perché Sara non è solo zia: è anche sorella e in quei giorni anche mamma, perché ora che Maria mamma lo è diventata davvero lei non potrà più essere una sorella minore di cui occuparsi, ma una sorella che da pari a pari affronta la vita con lei.
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