Uno degli aspetti più interessanti della lettura è la serendipità. Quando la wishlist dei libri che si vorrebbero leggere da qui a tot settimane sembra già lunghissima, si scopre un romanzo di cui non si era mai sentito parlare, una nuova pubblicazione che non ci si può lasciar sfuggire, una copertina che stuzzica l'attenzione.
Con Uomini e cani è andata così. Ero a Bologna e nel mio viaggio di ritorno avevo un libro in più nella borsa, dono di Noemi. Un romanzo di cui non avevo mai sentito parlare, non avevo idea di chi fosse l'autore ed era la prima volta (ahimé, lo confesso!) che tenevo fra le mani un testo di Isbn Edizioni.
Ho dunque potuto fare quello che assai raramente mi succede: iniziare un romanzo senza avere la benché minima idea della trama, dei personaggi, niente di niente. Zero aspettative su cui fare affidamento, tutto lasciato alle parole. Capita di rado di poter leggere un romanzo in questo stato di grazia.
Uomini e cani mi ha trasportata nel Salento, ma non c'erano le spiagge da cartolina o il profumo di friselle che mi sarei aspettata, io che in quella terra non ci sono mai stata. C'era un piccolo paese che ha lo stesso nome di una poesia di Verlaine, e che di quel languore ha l'abbandono a uno stato di cose che sembra irreversibile: il Don Rodrigo di turno che esercita il terrore con il pretesto di dare vita a un'area protetta, l'Innominato che rapisce una fanciulla, un Don Abbondio che sulla carta tiene le redini del potere ma è di fatto accecato dagli eventi, una fugace storia d'amore. C'era una storia come tante, dove il languore si percepisce anche nella lingua, dove le virgolette si annullano e il discorso diretto si fonde con l'indiretto, e tu non capisci mai se quelle che leggi sono parole pronunciate, pensate, oscurate. E c'erano i cani. Tanti cani. Un esercito di cani.
2 commenti:
Sono molto felice di questo piccolo dono: non poteva andare in mani migliori :) Grazie Marta!
Grazie ancora del bellissimo dono e di avermi fatto scoprire questo libro!
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