giovedì 1 marzo 2012

Il mondo deve sapere (Michela Murgia)

"Dentro di me penso che il precariato in questa situazione è la sola cosa che mi dia speranza. L'idea di fare la telefonista della Kirby in maniera stabile è una prospettiva da reparto psichiatrico. L'unico pensiero positivo di questa situazione è che - appunto - è instabile, transitoria"


Qualche settimana fa l'attuale capo del Governo italiano è stato criticato per aver definito monotono il posto fisso. Una fetta di popolo dell'attaccamento al mattone e del feticismo dell'Inps non osa concepire una vita dove la flessibilità può essere una scelta del lavoratore, che consapevolmente decide di non accontentarsi e di rinnovarsi continuamente, e non sic et simpliciter il sadico pretesto del datore di lavoro per sottopagare lo schiavismo altrui.

Se vivessimo in un mondo civile, chiunque dovrebbe poter scegliere se fare tutta la vita lo stesso lavoro o cambiarlo ogni sei mesi, con la garanzia di ritrovarsi in entrambi i casi con affitto e bollette pagate, pasti decenti sulla tavola, presente dignitoso e speranza che il futuro lo sia altrettanto. Ho 25 anni e non mi vergogno a dire che raramente ho messo insieme, fino a oggi, più di mille euro al mese. Se però qualcuno prova a definirmi precaria sono pronta a tirare fuori il lanciafiamme. Preferisco non definirmi in nessun modo: sono una che la mattina si sveglia e lavora, che fa del suo meglio, fatica e ogni tanto si diverte pure, che la sera va a dormire felice.

Questo libro mi ha colpito per il taglio irriverente con cui racconta una condizione che porta tante, troppe persone all'autocommiserazione, alla lamentela triste, alla resa. Colpisce perché così diverso dal film che ne è stato tratto (Tutta la vita davanti di Paolo Virzì, uno dei film più belli realizzati in Italia negli ultimi anni - imho): la protagonista non è necessariamente una laureata con bacio accademico, con il fidanzato ricercatore negli Stati Uniti ed ex compagni di facoltà diventati ricchi scrivendo testi per reality show. La capoarea non è necessariamente Sabrina Ferilli. Non c'è necessariamente un sindacalista testardo della Nidil-Cgil che distribuisce volantini a tutto spiano. La storia raccontata in questo libro può capitare a chiunque di noi. Sta a noi scegliere se farla capitare o meno, sta a noi scegliere di farla finire al più presto se dovesse proprio capitare contro la nostra volontà, sta a noi scegliere di affrontare a testa alta o a testa bassa le sfide che la vita ci mette davanti.

Imho, ovviamente.

5 commenti:

Manuela BHO...BLOG ha detto...

Ciao Marta, sono felice di leggere qui la recensione che da mesi mi riprometto di scrivere anche io sul BHO...BLOG dopo aver letto con molto interesse questo libro della Murgia e aver visto il film di Virzì, che anche io ho trovato estremamente diverso dal contenuto del libro. Un bel film, ma certamente diverso dall'impatto che si ha dal libro. A me è piaciuto molto lo stile della scrittura: se poi pensiamo che il libro è nato proprio dall'unione dei tanti post pubblicati su un blog della Murgia, bhè, è ancora più interessante. Mi hai fatto voglia di scrivere quello che da ottobre dovrei scrivere su questo libro! Appena lo pubblico, te lo segnalo per un confronto d'idee. Buona giornata, Manuela BHO...BLOG

Unknown ha detto...

Ciao Manuela, attendo con piacere il tuo post, sono molto curiosa! Buona giornata a te!

Anonimo ha detto...

Anche io, pur trovando bello il film di Virzì, ho pensato che avesse completamente perso la forza rabbiosa di questo libro, fresco, diretto, forte e senza angoli smussati. La rabbia irriverente di questa ragazza arriva dritta allo stomaco.

Veronica ha detto...

Indubbiamente il punto di vista di Michela Murgia è molto interessante e propositivo. Sebbene precari, non ci si può piangere addosso, ma reagire e cercare di far fruttare qualcosa da ciò che appare sterile. Di sicuro, una persona che ha spinte creative e che ama lavorare con l'arte e la cultura non può stare fermo nello stesso posto tutta la vita - sempre che, come dici tu, lo stipendio sia garantito e le bollette si riesca a pagarle. In definitiva, chi ama scrivere e fare arte ha sempre un luogo privilegiato in cui rifugiarsi, anche qualora faccia il lavoro più faticoso e più lontano dai suoi propositi iniziali.

Buona serata,

Veronica

Unknown ha detto...

Condivido le vostre opinioni. Il libro ha una rabbia mista a ironia davvero originale e lancia un messaggio molto forte a chiunque si trova in quella stessa condizione.