giovedì 13 settembre 2012

Il cacciatore di anacronismi

Durante il mio primo stage da quasi giornalista mi è capitato di intervistare diversi scrittori. Il rituale era lo stesso ogni volta: mi prendevo due o tre giorni per divorare il libro, cercavo in Rete tutto lo scibile sull'autore, annotavo le domande sul taccuino, digitavo il numero di telefono e via con la chiacchierata.

In un'occasione, una di loro (Iaia Caputo) mi stoppò prima di cominciare: "Scusi, anzitutto faccio io una domanda a lei: ha letto il libro?". Risposi di sì e l'intervista ebbe inizio, ma quella domanda un poco mi indispettì. Da ventiduenne ingenua quale ero, non credevo di potesse recensire un libro o intervistarne l'autore senza prima averlo letto.

Non per senso etico o per educazione, intendiamoci. O meglio, non solo per questo. Piuttosto perché leggere è talmente bello che un libro in più altro non è che un piacere in più. E se ti pagano pure per leggerlo, recensirlo, intervistare eccetera... il piacere è amplificato!

Qualche anno è passato, sono cresciuta e il mondo intorno a me è cambiato. Il digitale non ha solo arricchito il modo di fare libri e di leggerli, ma anche il modo di parlare e scrivere di libri. Blog e social network amplificano la libertà di avere un'opinione ed esprimerla, aggiungendo a questa libertà la variabile del pubblico: ogni blogger e ogni utente di qualsivoglia socialcoso può crearsi la propria rete di lettori affezionati, ai quali dispensare idee e consigli su cosa vale la pena leggere e cosa no.

Per esempio, io in questi giorni ho finalmente & tardivamente scoperto Khaled Hosseini. Lo sto leggendo al contrario: Mille splendidi soli prima, Il cacciatore di aquiloni adesso.

Proprio sulla quarta di copertina di questo romanzo (sì, di carta) ho trovato questo.


People e Amazon, giornalismo autorevole e lettori qualunque. Un dilemma su cui negli ultimi tempi noi degli ebook abbiamo dibattuto spesso. Con una piccola differenza: questo è un romanzo pubblicato nel 2004 e ristampato 39 volte fino al 2007.

Un romanzo tutto di carta, uscito nel 2007, con una recensione presa da Amazon sulla quarta di copertina. Fa sorridere, vero? Mentre nel 2012 ci arrovelliamo su presente e futuro della critica, cinque anni fa c'era già chi, senza troppo arrovellarsi, semplicemente agiva.

Se dovessi pensare a una lista di ipotetici buoni propositi da corredare a una mia altrettanto ipotetica etica di bookblogger, il primo sarebbe certamente questo: arrovellarmi di meno, agire di più.

2 commenti:

noemi ha detto...

D'accordissimo, brava Marta, come sempre! un abbraccio :)

Unknown ha detto...

Grazie cara, anche tu brava come sempre :)