Chi più o meno mi conosce & più o meno mi segue sa che sto scrivendo un romanzo. Chi più o meno mi conosce & più o meno mi segue sa anche che questo romanzo parla di un legame tra donne in apparenza lontanissime, che si ritrovano ad affrontare insieme situazioni di dolore e nel tempo diventano una la persona dell'altra.
Quando ho letto la quarta di copertina di Mandorle amare di Laurence Cossé (Edizioni E/O) ho avvertito come una scossa: anche qui si parla di due donne fisicamente vicine ma culturalmente ed emotivamente lontane, avvicinate in questo caso da un amore, l'amore per la lettura e la scrittura. Una delle due vive questo amore come un secondo matrimonio, al punto da averne fatto il suo lavoro. L'altra lo ama come si ama un amore lontano, irraggiungibile, come le ragazzine che alle medie fissano il ragazzo più carino della scuola nei corridoi, ma mai si avvicinerebbero a parlargli.
Leggendo questo romanzo ho avvertito una scossa per altri due motivi: il primo è che ho amato moltissimo l'esordio della Cossé, La libreria del buon romanzo, dove analogamente a qui l'amore per la lettura è al centro della storia; il secondo è che poche settimane fa ho letto La porta di Magda Szabò, che per alcuni aspetti ha molto in comune con la storia che si racconta qui.
Questa la trama: il legame tra una donna affermata in una professione legata ai libri e alla scrittura - Edith: francese, sposata, traduttrice di romanzi e occasionalmente interprete - e una donna analfabeta, o nella dicitura più politically correct non scolarizzata - Falida: marocchina, tre matrimoni falliti e cinque figli, donna delle pulizie.
Il romanzo scorre con il lungo e paziente lavoro di Edith, che si improvvisa insegnante perché Falida impari a leggere (in francese, non nella sua lingua madre). Il dilemma tra metodi scolasticamente riconosciuti e la riluttanza di una donna di oltre sessant'anni, dalla vita misteriosa e piena di ostacoli e sofferenze, a dare una svolta al suo cammino attraverso un gesto di indipendenza semplice come saper leggere da sola le fermate della metropolitana o i numeri di telefono dei figli. Di fatto, il lungo e paziente lavoro di Edith implica ogni volta un ricominciare da capo, un po' perché - come si dice a scuola - l'allieva è intelligente ma non si applica, e un po' perché essere molto bravi in qualcosa non implica sempre l'essere altrettanto bravi a insegnarlo.
Se il percorso per insegnare a Falida che nel suo nome ci sono due lettere uguali è tortuoso, non lo è altrettanto il modo in cui le due donne entrano una nell'altra, intrecciando le loro storie e le loro culture così lontane ma che di fatto parlano uno stesso alfabeto. Perché Falida è nata in Marocco ed è cresciuta parlando arabo e berbero, ma a sessantacinque anni tifa Francia ai Mondiali di calcio (quelli del 2006), voterebbe Sarkozy e non Segolene Royal perché una donna non può fare il presidente, e pensa che se Camilla sposerà Carlo finirà per morire come Diana.
Questo romanzo è una piccola, semplice lezione di amore e di tolleranza.
1 commento:
Molto interessante questo romanzo :
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