mercoledì 30 maggio 2012

Una bookblogger che ha paura del terremoto


Ieri le scosse non le ho sentite. La paura è arrivata solo di riflesso, mentre su Twitter vedevo scorrere le parole di amici che vivono in città diverse ma che scrivevano tutti la stessa cosa. La paura c'è ancora, anche se un po' nascosta, aspetta di uscire alla prossima scossa.

A novembre Genova è stata colpita da un'alluvione e io mi trovavo nel punto della città in cui il panico era maggiore, camminavo con l'acqua alle ginocchia mentre a pochi metri da me sei persone stavano morendo.

Quell'evento così drammatico ha tuttavia mostrato l'importanza di un uso consapevole della rete: attraverso Facebook e Twitter si possono diffondere ad ampio raggio comunicazioni utili, aggiornamenti della situazione, bisogni e servizi per aiutare chi si trova nelle zone colpite. E' successo allora e sta succedendo anche in queste settimane.

Ci sono teorie contrastanti sull'utilità effettiva dei social network nel fare informazione. C'è chi sostiene che 140 caratteri impoveriscano il linguaggio, chi sostiene che "rubino il mestiere ai giornalisti", chi sostiene che siano solo perdita di tempo. Emergenze come quella che stiamo vivendo aiutano a capire che oggi più che mai si può fare Rete per comunicare in modo capillare, rimbalzo dopo rimbalzo, share dopo share, retweet dopo retweet.

Non per nulla, proprio in questi momenti di emergenza una delle prime richieste urgenti che vengono divulgate è quella di togliere la password dalle reti wifi per consentire a chiunque di collegarsi, perché spesso la comunicazione via cellulare è impossibile e perché la rete è un modo più rapido di far sapere a più gente possibile che si è vivi. Che le cose stanno andando in questo modo. Che per aiutare si può fare questo, questo e quest'altro.

Sono una sostenitrice del citizen journalism. Io, non tesserata che faccio lo stesso lavoro di un tesserato, penso che l'informazione delle strade e delle piazze sostituirà sempre di più quella di molti stipendiati incollati alle scrivanie. Che continueranno a fare il loro lavoro, ma che - proprio come sta già accadendo oggi - si limiteranno a riconfezionare sulle loro vetrine giornalistiche ad alta visibilità quanto i giornalisti di strada hanno raccolto.

Penso anche io come Bernardo Parrella [che sarà venerdì 1 giugno al Berio Cafè per #genovaebook, ndr] che le comunità online si possano e si debbano creare al di fuori dei saturi canali standard, come ha scritto su Volontari per lo sviluppo. Ma penso anche che nei momenti di necessità si debba scendere in piazza e parlare alle folle di passaggio. E i social network sono come una piazza del centro, dove passa tantissima gente.

Ieri è stato il giorno della paura. Oggi è il giorno in cui si riflette su come comunicarla, su come fare Rete e non fare rumore. Le osservazioni più acute in questo senso sono a mio parere due.

Uno. Serena Danna ha scritto così sul Corriere della Sera: "Si chiama «content curation» la sfida da vincere sui social network: non si tratta solo di produrre informazione ma di saperla organizzare, curare, tagliare, indirizzare. Trovare l' hashtag giusto, verificare le notizie, marginalizzare le polemiche inutili e scremare la quantità di notizie che rimbalzano da un account all'altro. Un'operazione utile ogni giorno, ma che nei momenti di tragedia diventa necessario. Anche per emanciparsi da quell'etichetta grossolana di «popolo della Rete», che tanto fa arrabbiare chi lavora per una Internet migliore".

Due. Il decalogo per un uso più consapevole di Twitter firmato da Giovanni Boccia Artieri ed Elisabetta Locatelli e che trovate qui.

ps. mentre scrivo penso che potrebbe arrivare una nuova scossa, e che questa volta potrei sentirla. E ho paura.

3 commenti:

amisaba ha detto...

Ciao Marta, mi viene da dirti 'non avere paura' anche se 'quella' paura ce l'abbiamo tutti. Un abbraccio.

LaLeggivendola ha detto...

Ti capisco. Anche qui a Spezia non si è sentito nulla, ma io per il terremoto ho un terrore implacabile e temo sempre di sentire una scossa...
Vero che Internet è utile durante queste disgrazie, perfino FB. Durante l'alluvione di Monterosso ero riuscita a sapere qualcosa da un amico che stava lì e ho potuto rassicurare chiunque andasse sulla sua pagina dopo avergli scritto un enorme 'X STA BENE MA I TELEFONI NON VANNO'...
Mah... sto sproloquiando a caso, quasi. Se penso che domani devo andare a trovare un'amica a Reggio...

Unknown ha detto...

grazie a entrambe :)