martedì 17 aprile 2012

Dal romanzo al museo: Pamuk e Istanbul


Il Museo diventerà un museo. Questa è la notizia pubblicata su Today's Zaman (da cui ho anche tratto la foto che vedete qui), questa la mia recensione al romanzo di Orhan Pamuk pubblicata sul blog di Gabriele Ametrano.

Quello di cui voglio parlare è però qualcos'altro. Voglio parlare di come la scrittura a volte finisca per fondersi con la realtà, per diventare qualcosa che va oltre l'atto di scrivere e si tramuta in una specie di arto fantasma. Voglio parlare del fatto che uno scrittore - non importa che le sue opere siano tradotte in tutto il mondo, non importa che abbia vinto un Nobel - a un certo punto si accorga che quello che sta scrivendo non sono più solo parole, che lì dietro c'è qualcosa di reale, che tra le righe si sta aprendo un mondo che forse da qualche parte sta davvero andando avanti in quel modo lì, e che lui è in qualche modo parte di quel mondo. E allora tutti quegli oggetti, le centinaia di oggetti che Kemal porta via dalla casa di Fusun, uno ogni giorno per otto anni, da qualche parte esistono davvero, e che allora bisogna che anche il resto del mondo li veda.

Ecco, la scrittura è qualcosa del genere. Un mondo che esiste a prescindere da noi, e al quale noi diamo un ordine logico. Se pensiamo che quello che esce dalla nostra penna sia solo un insieme di parole, allora c'è qualcosa che manca.

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