28 marzo 2008. La sottoscritta indossa un abito improbabile e si prepara a discutere la sua tesi di laurea triennale. Titolo: Scienza, etica e mass media. I referendum sulla procreazione medicalmente assistita. Facebook e Twitter erano un miraggio, il blog uno svago ancora per pochi. Il massimo del 2.0 contemplato era Wikipedia.
Nonostante questo, nella preistoria del social web c'era chi aveva già capito che la Rete poteva essere un valido mezzo per mobilitarsi di fronte a una causa comune. La causa era la seguente: manifestare il proprio sostegno o la propria contrarietà al referendum parzialmente abrogativo della legge 40.
Sono passati quasi sette anni da allora. Abbiamo cambiato tre governi ma i punti fondamentali dell'etica filoecclesiale (concetto ben diverso dall'etica cristiana, cattolici inclusi) non sono cambiati più di tanto. I primi barlumi di progresso sono arrivati da sentenze della Corte Costituzionale che hanno accolto i ricorsi di singole, coraggiose famiglie.
L'ultima è giunta due anni fa: spetta al medico decidere quanti embrioni impiantare e quanti congelare per utilizzo futuro. La legge 40 imponeva l'impianto fino a un massimo di tre embrioni, senza alcuna possibilità di crioconservarne altri per il futuro. Se l'impianto falliva, si doveva ripartire da zero, con terapie ormonali e quant'altro. Avere un figlio è una delle pratiche più invasive che la nostra società ci impone.
A farmi tornare alla mente il piccolo ma significativo passo avanti che questa sentenza ha portato con sé è stato un articolo di Michela Marzano su Repubblica, rilanciato poco fa dal sito di Se non ora quando. L'articolo dice - fra le altre cose - questo: "Siamo un paese in ritardo, eppure in movimento. Un paese che in passato favoriva chi poteva permettersi un viaggio all´estero e pratiche inconfessabili ma che oggi, lentamente, sta dando più possibilità a tutti. Perché è evidente che la parola «procreazione» scarnifica un desiderio che, in qualche modo, va ascoltato. Senza barriere e pregiudizi".
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